Di Barbara Fässler
Dove il Canal Grande confluisce nel Canale della Giudecca, dall'estremità del palazzo triangolare “Punta della Dogana“ si apre finalmente lo sguardo sul mare aperto.
Durante la repubblica veneta, si svolgeva qui lo sdoganamento delle merci provenienti dal commercio marino con l’oriente. Nella mostra
Slip of the Tongue, l’artista di origine vietnamita
Danh Vo ( 1 ) , si riaggancia a questa interfaccia tra est e ovest, tra passato e presente, partendo dalla propria vita, iniziata nel 1975 – giusto alla fine della guerra del Vietnam – che è stata segnata da emigrazione e multiculturalismo: dopo la sua formazione a Copenhagen e Francoforte Danh Vo risiede oggi a Mexico City.
Già nella prima sala ci si imbatte nella sua opera
08:03, 28.05: un lampadario che proviene dalla sala di ballo dell’ex-albergo Majestic a Parigi, nel quale si sigillò 1973 la pace del Vietnam. Immediatamente segue una fotografia di Robert Manson in bianco e nero: una mano aperta ospita una cavalletta e, tenendola, la protegge.
Un’affermazione chiara: abilmente, l’artista-curatore collega la sua biografia con la storia e il suo agire con le opere della collezione Pinault. Il curare stesso è così tematizzato nel suo aspetto collezionante e in quello curante –
curare, to take care of - e inteso come atto capace di produrre significato.
I dialoghi tra i Ready-Mades di Danh Vo e le opere degli altri, determinano lo stesso allestire la mostra come un processo creativo in senso Duchampiano: la scelta dell’oggetto e la sua messa in scena nello spazio o in rapporto con le altre opere, rappresenta l’atto artistico e genera senso.
I Ready-Mades passano da
Marcel Broodthaers,
Huber Duprat,
David Hammons,
Bertrand Lavier, fino a
Piero Manzoni e le reinterpretazioni di
Fischli-Weiss. Mentre le biglie di
Leonor Antunes hanno la funzione di creare disegni nello spazio generati dal caso,
Elmgreen & Dragset intitolano il loro trampolino inutilizzabile (per colpa di una finestra)
Powerless Structure.
Lo scambio arriva spesso nella vita reale: con la sua opera
Gold Field,
Roni Horn cerca di regalare luce agli amici
Felix Gonzales Torres e
Ross Laykock, malati di Aids. Torres stesso crea con
Untitled (Portrait of Julie Ault) una rappresentazione concettuale, nella quale date ed eventi biografici vengono continuamente aggiornati dalla stessa artista ritratta, quindi oltre la morte dell’autore.
Slip of the Tongue è in origine il titolo di un’installazione di
Nairy Baghramian, si tratta di 8 oggetti di resina dipinti impilati e addossati ad una vetrina di vetro a formare una scultura che sembra una possibile risposta alla musa dormiente di
Brancusi.
Il significato del titolo – “scivolamento della lingua” o meglio lapsus – è così spiegato da Danh Vo: “La buona arte è una sorta di lapsus: dire una cosa, che non si dovrebbe dire” ( 2 )
1) Curata insieme a Caroline Bourgeois
2) Dall’intervista di Matteo Mottin in A+P Diary
Barbara Fässler è artista e teorica e insegna arti visive e storia dell’arte alla scuola svizzera di Milano
Slip of The Tongue, Punta della Dogana, Pinault Collection, fino 31.12.2015, Palazzograssi
Artisti: Leonor Antunes, Julie Ault, Nairy Baghramian, Giovanni Bellini, Constantin Brancusi, Marcel Broodthaers, Giovanni Buonconsiglio, detto il Marescalco, Jos De Gruyter & Harald Thys, Hubert Duprat, Elmgreen & Dragset, Luciano Fabro, Fischli & Weiss, Felix Gonzalez-Torres, Petrit Halilaj, David Hammons, Roni Horn, Peter Hujar, Tetsumi Kudo, Bertrand Lavier, Zoe Leonard, Francesco Lo Savio, Lee Lozano, Robert Manson, Piero Manzoni, Sadamasa Motonaga, Jean-Luc Moulène, Henrik Olesen, Pablo Picasso, Sigmar Polke, Carol Rama, Charles Ray, Auguste Rodin, Cameron Rowland, Carlo Scarpa, Andres Serrano, Nancy Spero, Sturtevant, Alina Szapocznikow, Paul Thek, Danh Vo, David Wojnarowicz, Martin Wong,
Anonimo. Abruzzo, XIII secolo, Anonimo. Italia centrale, XIII secolo, Maestro delle Decretali di Lucca, XIII secolo, Anonimo. Perugia, XIV secolo, Maestro del Seneca, XIV secolo, Nerio. Bologna, XIV secolo, Anonimo. Firenze, XV secolo, Maestro Olivetano, XV secolo, Maestro del Lattanzio riccardiano, XV secolo, Scuola di Tiziano
Questo articolo è pubblicato anche nella rivista
Kunstbulletin, numero luglio-agosto 2015
Tutte le fotografie sono di Barbara Fässler